Prima un po’ di storia, l’Aston Martin fu fondata nel 1913 da Lionel Martin e Robert Bamford ma solo negli anni ’50 e ’60 il marchio diventò sinonimo di sportive e lussuose automobili. Ciò grazie al nuovo proprietario David Brown che dal 1947 al 1972 si dedicò a creare, con la sigla DB, automobili che divennero subito famosissime e fecero conoscere il marchio Aston Martin in tutto il mondo: citiamo per esempio la DB4 GT (talmente esclusiva che la casa la vuole riprodurre) e ovviamente la DB5, la più famosa auto nella storia del Cinema.
Ciò che impressiona delle Aston Martin è l’incredibile proporzione e bilanciamento tra le differenti parti dell’automobile: il cofano con l’abitacolo o la distanza tra le estremità dell’auto e le ruote o ancora l’altezza dei fari posteriori con quelli anteriori.
Ogni modello è ovviamente storia a sé ma sembra che il tutto sia bilanciato e proporzionato quasi matematicamente: siamo davanti ad una sorta di numero aureo, una sorta di rivisitazione moderna di sezione aurea con cui gli antichi Egizi e Greci costruivano statue e templi.
Ecco, un Aston Martin è espressione di perfezione matematica, dove ogni singola parte si trova in armonia con tutte le altre.
Sotto il cofano anteriore risiede il buon vecchio e nobile V12 (o al limite V8) che sprigiona sempre cavalli di pura razza reale che abbinati alla pura trazione posteriore sono una goduria dei sensi. Il tutto ancora non filtrato da decine di componenti elettronici teutonici.
Se servisse una testimonianza che le Aston Martin sono anche veloci, quest’anno la Vantage GT3 ha vinto la le LeMans cup e le varie varianti di quest’ultima (come la GT4) dominano il campionati inglesi.
In tempi dove importa più il rapporto chilometri al litro del peso-potenza, dove la praticità vince sull’adrenalina e dove la grigia quotidianità non ci lascia sfogare, Aston Martin è l’ultimo bastione di lussuria.
Esse sono specie a rischio. Come noi.